1. Introduzione

(pittura: Mario Galvagni)
“Ikatokea kwamba zamani za kale...”
cioè: C’ era una volta...

Per gli africani le favole sono vicende fantastiche narrate per divertire e per insegnare a vivere. Gli uditori si sentono coinvolti nel racconto e partecipano ai successi o alle disgrazie degli attori con esclamazioni di gioia o di delusione. Ma dietro il velo delle immagini le favole rappresentano la vita come è o come dovrebbe essere. Allora il narratore diventa un maestro di vita.

Di solito è un anziano. Ci vuole l’esperienza della vita, la conoscenza delle tradizioni e una certa autorità per insegnare agli altri.

Le favole venivano raccontate ordinariamente di sera, attorno al fuoco che raccoglieva piccoli e grandi. Oppure venivano proposte al gruppo dei giovani raccolti in foresta nel periodo dell’iniziazione, la grande scuola della tribù. A volte, in forma sintetica o condensate in un aforisma, erano ricordate nelle sedute dei tribunali indigeni come fonte di norme basilari per raggiungere una giusta sentenza.

I racconti dell’Africa bantu offrono l’immagine d’un mondo alle prese con le forze della natura, con le belve della foresta, con gli spiriti vaganti e con il potere delle streghe onnipresenti.

Nell’africa bantu lo scopo principale cui mira il narratore e’ quello di insegnare. La favola e’ una lezione per immagini. Le popolazioni illetterate non hanno teorie e concetti astratti per comunicare idee e insegnamenti: si servono di oggetti visibili, di fatti concreti, di azioni che coinvolgono i presenti, come le danze e i canti. Cosi un messaggio s’imprime nella memoria e influenza la vita.

Dovendo insegnare qualche cosa per la vita, le favole africane hanno per protagonista quasi sempre gli animali. Questi non sono che la controfigura dell’uomo, ne riflettono le virtù e i difetti, le tribolazioni, i fallimenti e i successi. Alcuni, impersonando con speciali rilievo un difetto o una virtù, sono divenuti simbolo d’un tipo particolare di uomo. Le lepre e la rana rappresentano, in Africa, saggezza e coraggio. Il leopardo e il leone sono simbolo dell’oppressore prepotente e ottuso. Allora raccontare le avventure della lepre, del leone o del leopardo, dello scoiattolo o delle formiche, significa insegnare la prudenza, il coraggio, l’amore, o condannare la prepotenza, l’infedeltà’, l’ambizione. Quindi le favole trasmettono una concezione della vita e forniscono norme per la condotta personale e per la convivenza nella società. Da qui si capisce perché siano state lungo i secoli strumento di formazione per le nuove generazioni e ammonimento per tutti.

E si giustifica anche il nostro interesse per loro.

Per noi le favole africane sono un invito a conoscere l’anima delle popolazioni che le trasmettono. Possiamo ammirarvi la loro fantasia, la conoscenza del mondo e della vita, i costumi così diversi dai nostri. Vi troviamo la saggezza accumulata da secoli di esperienza e operante ancora oggi con i suoi aspetti positivi e negativi. Possiedono dei valori spirituali che il progresso materiale ha offuscato o cancellato nella nostra coscienza e forse sta via via cancellando anche nella coscienza degli africani stessi. Si pensi per esempio al rispetto, cosi vivo in Africa, per il miracolo della vita, al senso della solidarietà familiare, al rispetto per gli anziani, alla pratica dell’ospitalità.

Così attraverso le favole, possiamo conoscere e ammirare popolazioni ritenute inferiori e “primitive” da chi le guarda con occhio superficiale, mentre sono gente che vive, ama, soffre, gode come noi, ed è anche capace di darci dei buoni consigli.

Cf: Ballarin Lino, Favole dall’Africa, la saggezza popolare nelle favole africane, EMI, 1986.

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