1. Da Montebelluna (TV) a Makambako

La nostra avventura alla scoperta della Tanzania inizia il 12 agosto da Montebelluna e si conclude il 31 agosto all’aeroporto di Venezia.
Siamo sette ragazzi dai 18 ai 21 anni: Alessandro, Elena, Davide, Alice, Anna, Andrea e Chiara, accompagnati e sostenuti dal nostro cappellano don Federico.
Arrivati all’aeroporto di Dar Es Salaam la prima impressione è di essere finiti in un altro mondo. Agli incroci si sta fermi un quarto d’ora, indipendentemente dai semafori (perfettamente funzionanti), finché il vigile non decide di farci passare; dei ragazzi cercano di venderci qualsiasi cosa, dalla frutta ai giornali. Ad Agostino, il nostro autista, piace una camicia e chiede quanto costa: cinquemila scellini (E. 2,50). Alla fine non la compra perché costa troppo. Costa troppo?! Da noi le camicie di certo non costano così poco e quello ci sembrava un affare!
Il viaggio con padre Remo Villa verso la missione di Makambako la mattina dopo il nostro arrivo dura circa 12 ore e ci mostra già un pezzettino di Africa: le bancarelle di frutta sulla strada, gli studenti in uniforme che vanno a scuola, le biciclette cariche di sacchi di carbone, qualche zebra e giraffa passando per il parco nazionale. Ci sembra di essere entrati a far parte di uno dei documentari che spesso si vedono in televisione! Sono tutte emozioni veramente forti perché qui è davvero tutto nuovo per noi e ci troviamo catapultati in una realtà molto diversa dalla nostra in meno di un giorno.
L’arrivo alla missione di Makambako non è meno sorprendente: arriviamo al buio, tanto che non abbiamo nessuna idea di dove siamo finiti. Dopo la cena ci viene mostrata la casa dove dormiremo: una sala principale, le quattro piccole camere e il bagno. E’ davvero piccola, ma è molto più accogliente di quanto ci aspettassimo e ne siamo totalmente soddisfatti.
Nonostante questo, all’inizio è difficile abituarsi allo stile di vita africano e alle nuove regole che dobbiamo abituarci a rispettare: ricordarsi di prendere l’antimalarico ogni mattina, evitare di lavarsi i denti con l’acqua del rubinetto (e la tentazione è forte ogni volta!), vedere il buio arrivare così in fretta che non c’è quasi il tempo per fotografare i bellissimi tramonti africani.
Ben presto, per ambientarci meglio (!), veniamo messi al lavoro: dobbiamo spostare all’interno della missione delle assi che serviranno a completare la nuova chiesa. Un po’ fatichiamo e , non avendo ancora assimilato i ritmi africani, ci affrettiamo a finire il lavoro; un po’ ci divertiamo a fare il tragitto sul rimorchio del trattore seduti sopra le assi appena caricate, mentre Alessandro, al colmo della felicità, guida il mezzo verso il deposito; un po’ impariamo a collaborare, a dividerci i ruoli in modo che il lavoro sia svolto nel modo migliore.
Le visite all’orfanotrofio e all’asilo nei pressi della missione ci hanno messo a contatto con molti bambini, bisognosi di attenzioni da parte nostra: ognuno di noi è stato assalito da un gruppo di bambini desiderosi dei nostri abbracci e dei nostri giochi. Fin dal primo momento ci accorgiamo di un valore essenziale da queste parti: l’accoglienza. Primi fra tutti ce la dimostrano i padri di Makambako, padre Remo e padre Casimiro, e le “nostre” suore: la Madre Superiora: suor Dionisiana (che ancora continueremo a chiamare Emerenziana), suor Cosma, che ci ha conquistato con la sua simpatia, e suor Zitha, la nostra professoressa di lingua swahili.La seconda sera dopo il nostro arrivo, dopo cena, vediamo entrare nella sala da pranzo le tre suore con un dolce ricoperto di glassa e una macedonia di papaia, mentre cantano a squarciagola parole a noi incomprensibili ma che sappiamo essere di benvenuto. Rimaniamo tutti stupiti da questa calorosa accoglienza e da quella che viene da tutte le persone che incontriamo per strada: da coloro che ci salutano calorosamente con la mano mentre siamo in viaggio con la Toyota, ad altri che per strada ci dicono “Karibu!”, ad altri ancora che ci ospitano volentieri a casa loro, servendoci montagne di riso.
Ci sentiamo addirittura troppo ben voluti quando, ospiti a un matrimonio, veniamo presentati alla comunità durante la cerimonia e successivamente veniamo fatti sedere di fianco agli sposi. Siamo davvero così importanti?! Siamo ospiti e quindi sì, ci spiega padre Remo. Nonostante non sapessero quasi nulla di noi, queste persone ci hanno accolto con semplicità e gentilezza, mostrandosi davvero felici della nostra presenza.
Andiamo un pomeriggio al mercato di Makambako e lungo la strada mi sento più volte chiamare: “Anna! Karibu!!”. La prima volta mi guardo attorno incredula. Chi può essere stato a chiamarmi? I miei compagni di viaggio sono tutti lì, chi altro conosce il mio nome da queste parti? In una stradina laterale vedo dei bambini: sono stati loro a chiamarmi, e adesso mi sorridono, felici che io mi sia fermata a salutarli. Come fanno a sapere il mio nome? Ci penso un po’ e poi mi ricordo. Qualche giorno prima ci siamo presentati durante la celebrazione della Messa domenicale a Makambako. Ognuno di noi ha detto poche parole, “Jina langu Anna” e la scuola frequentata, eppure veniamo ascoltati con attenzione e accolti da fragorosi applausi quando pronunciamo qualche parola in swahili. Quei bambini si ricordano il mio nome e mi riconoscono.Anche le Messe sono state un momento di scoperta per noi “mzungu”: i canti e i balli ci riempiono di meraviglia e il tempo passa velocemente nonostante le Celebrazioni siano più lunghe di quanto siamo abituati.
La visita a Tosamaganga ci porta nella storia delle missioni tanzaniane: visitiamo la Chiesa e il cimitero dei Padri missionari della Consolata, in particolare la tomba di padre Aldo Pellizzari, missionario montebellunese morto sette anni fa, ma ancora ricordato con affetto dai fedeli presenti nelle comunità missionarie in cui egli ha vissuto.Alla missione di Iringa, come a Tosamaganga, incontriamo alcuni padri della Consolata che ci accolgono e ci ospitano nella loro casa. In particolare, qui incontriamo il simpatico padre Marcelo, che ci accompagna al “sasso che parla”: una roccia enorme che, a causa del vento, sembra possa parlare. Percorriamo un sentiero difficile e pericoloso, in mezzo a due pareti di roccia, del tutto ignari che la nostra guida, che nel frattempo ci ha abbandonati, ci sta aspettando sulla cima dopo aver percorso la via più semplice, a noi deliberatamente occultata! Il Giubileo delle suore Benedettine, festeggiato anche da due suore di Makambako, è un momento di festa veramente importante per la comunità, tanto che sono presenti innumerevoli suore e sacerdoti e a presiedere la cerimonia è il Vescovo della Diocesi. Dopo tre ore e mezza di Messa, stipati in un piccolo banco, uno in braccio all’altro per mancanza di posto, incontriamo don Federico come non l’avevamo mai visto: occhi rossi, sguardo stravolto; è stata una bella celebrazione, ma è stato molto difficile per noi seguire per tutto quel tempo una lingua che capivamo ben poco.
Al termine della Messa, per fortuna, ci rechiamo a un sontuoso pranzo a cui noi, sempre molto affamati, partecipiamo con gratitudine.
Dopo il pranzo inizia la festa, con danze e canti di una folla numerosissima, ma noi non vi assistiamo a lungo perché quasi immediatamente veniamo circondati da alcune ragazze, molto desiderose di fare la nostra conoscenza e che ci fanno mille domande, rigorosamente in inglese. Lo scambio degli indirizzi è d’obbligo.
In Tanzania ho trovato molti amici, molte persone sempre disponibili e gentili con me e con i miei compagni di viaggio
.Ricordo in particolare le nostre cuoche, ragazze della nostra età, che incontravo ogni giorno in cucina o all’interno della missione; tra tutte Anna, che inizialmente avevano affiancato a me per il nome uguale, era ogni giorno contenta di vedermi e mi abbracciava sempre con calore.
Anche nei campi da pallavolo e di basket di Makambako abbiamo fatto nuove amicizie e ci siamo divertiti insieme ai nostri nuovi amici africani, come Daniel, uno dei catechisti di Makambako, nostro affezionato compagno di partite di pallavolo. Ricordo in particolare una partita, a squadre rigorosamente “miste”, in cui l’uscita dei bambini da scuola ha reso l’incontro molto particolare. Le linee esterne del campo da pallavolo erano formate da numerosissimi piccoli studenti, appassionati al gioco tanto che ogni volta che qualcuno dei giocatori colpiva la palla, esplodevano in un “Ooooh!” sempre più forte. Sembrava di essere in un grande stadio e non in un piccolo campo di una missione tanzaniana!
Durante il breve soggiorno a Dar Es Salaam, ci siamo sentiti “turisti” un po’ spaesati, in una così grande e trafficata città, abituati com’eravamo alla tranquillità di Makambako.Qui ci sono tante cose da fare, tanti luoghi da visitare, prima fra tutte il paesino di Bagamoyo, da dove un tempo partivano gli schiavi diretti in America. Visitiamo il museo che ricorda la storia del luogo e la chiesa e poi, con grande stupore, abbracciamo in otto l’enorme baobab cresciuto nei pressi del museo.D’altra parte non possono mancare la giornata al mare, con tanto di bagno nell’Oceano Indiano, e la mattinata ai mercatini, dove spendiamo i nostri ultimi scellini in regali e cartoline.
Anche a Dar Es Salaam siamo accolti con gioia dalle persone presenti nella Procura, in particolare da Nadia, che si occupa dell’amministrazione della casa e che ci accompagna a far visita alla città.
E’ soprattutto grazie a lei, che tra parentesi è mia zia, e al suo amore per l’Africa, che ho potuto vivere questa entusiasmante esperienza e ho potuto conoscere questo bellissimo pezzo di mondo, dove mi auguro di poter tornare.

Anna

4 commenti:

una sognatrice ha detto...

Ho letto con piacere di questa bella esperienza in Tanzania, vorrei andarci anch'io, visitare i luoghi descritti e stare in compagnia di tante brave persone.

Anonimo ha detto...

wow Anna...che ricordi che sono passati nella mia mente leggendo tutto ciò...che nostalgia!!!!!!!spero davvero di avere l'occasione di poter tornare un giorno...
con l'occasione mando un grande saluto a Padre Remo e Casimiro, a suor Zhita, suor Cosma e suor Dionisiana e a tutti gli abitanti di Makambako.

Ciao a tutti!!
Elena

Anonimo ha detto...

mamma che lungo 'sto articolo..:)no, cmq è stato piacevole, mi ha fatto tornare in mente tanti particolari che avevo scordato...sperando che lo leggano, mando un saluto affettuoso a Nadia, padre Remo e padre Casimiro e a tutte le suore di Makambako!!!spero anch'io, come anna e chiara, di poter tornare un giorno, magari non troppo lontano!!
Ciao!
Andrea

LUCIANO E FLAVIA AVIO ha detto...

ANCHE NOI LEGGENDO QUESTO SCRITTO ABBIAMO RIVISITATO TUTTI I LUOGHI DESCRITTI E CI SIAMO MOLTO EMOZIONATI RIVIVENDO IL NOSTRO VIAGGIO E LA PERMANENZA ALLA MISSIONE NEL MAGGIO 2010. APROFITTIAMO PER SALUTARE CALOROSAMENTE PADRE REMO -P.CASIMIIRO P. MARCELLO E TUTTE LE CARE SUORE. CIAO A TUTTI LUCIANO E FLAVIA