2. MAKAMBAKO: Il nome

Introduzione

Nel 2005 abbiamo celebrato il giubileo dei 50 anni della Parrocchia di Makambako. In quell’occasione e’ stato chiesto al Sig. Michael M. Kayombo, un maestro in pensione, che negli anni addietro fu pure Presidente del Consiglio parrocchiale, di mettere assieme alcune notizie su Makambako, sulla Missione, sui suoi inizi e sulla sua storia. Quanto segue e’ la traduzione, arricchita, di quanto ci ha preparato il sig. Kayombo, che anche da qui ringraziamo di cuore.

Makambako: il nome
Questo nome ha una storia lunga.
Questa storia, andando a ritroso nel tempo, ci conduce ai tempi in cui i Wangoni, etnia del sud del Tanzania, erano in guerra con i Wahehe di Iringa, etnia con essi confinante a nord. La guerra fini’. Ognuno dalla sua parte si complimentava con l’avversario dicendo: “Sisi wote ni kambako kweli”! Noi tutti siamo proprio kambako, guerrieri nati, forti come i tori (in swahili: kambako)! Accordiamoci e viviamo in pace.
Tuttavia sembra che il significato originario di Makambako non sia questo bensi’ lo spuntare di un albero che si vide in quel posto. Piano piano crebbe fino a diventare un albero veramente enorme. Alcuni anziani (come il vecchio Kukye) ancora lo ricordano e sostengono che ci volevano ben quattro uomini per misurare la sua circonferenza. Non si vide nessun altro albero crescere alla sua ombra, nemmeno nelle sue vicinanze. C’era solo lui.



Non era un albero molto alto, ma con radici enormi e con ramificazioni ad ombrello molto estese, chiamato nella lingua della etnia di qui, i Wabena,: “Mpembeja”. Tecnicamente dovrebbe appartenere alla famiglia delle leguminose ed al genere brachysteja.
Tutti gli anziani lo guardavano con rispetto. Nessuno coltivò sotto quest’albero e nessuno mai osò tagliare nemmeno uno dei suoi rami. Questo fino ad oggi. Quindi era un albero tenuto in grande rispetto e di cui la gente aveva soggezione.
Infatti era in questo posto dove si offrivano i grandi sacrifici, uno dei quali veniva celebrato in tempo di siccità. Usando termini cristiani, si potrebbe dire che era la Chiesa Madre, la Cattedrale dove venivano celebrati i sacrifici sotto la guida del capo di tutta la zona. In seguito la celebrazione di questi sacrifici si estese ad altri luoghi come Kitisi ed Ilangamoto, allora distanti dal centro, ma in questi giorni diventati due rioni della citta' di Makambako.
D’altra parte anche i capi locali, prima del colonialismo, facevano i loro raduni ed incontri all’ombra di quest’albero, lo Mpembeja.
Si dice che lo stesso Mkwawa, capo carismatico e battagliero dei Wahehe di Iringa negli ultimi anni dell’800, quando, da Kalenga, suo quartier generale non lontano da Iringa, si metteva in viaggio verso Sumbawanga, qualche centinaio di km ad est di Makambako, fin dove si estendeva il suo regno, passando per Makambako faceva sosta con il suo seguito all’ombra di questo grande albero Mpempeja.
Con il passare del tempo nel fusto che si stava marcendo iniziò a formarsi una cavità, luogo ideale per le api che vi si sistemarono e cominciarono a produrre miele in gran quantità, di cui la gente si serviva.
Come conseguenza di quanto descritto sopra, una espressione incomincio’ a circolare tra la gente: “Ehe, tazameni kambako hilo! Kweli ni kambako!...” Che significa: Guardate quella pianta! E’ proprio un kambako: e’ proprio grande e pieno di forza come un toro!” Ed inoltre gli uomini si dicevano l’un l’altro: “Se per le nozze di sua figlia un padre ricevesse dal futuro genero un toro (kambako) con le caratteristiche di questa pianta (kambako), senz’altro sarebbe orgoglioso di sua figlia che va in moglie a tal persona che ti rispetta certamente, guardando al regalo che ti ha fatto.

E cosi, continuando la gente a chiamare quest’albero con il nome di Kambako, ecco che anche la zona dove esso si trovava cominciarono a chiamarla Makambako.
Come tutti gli alberi, dopo molti anni anche questo Mpembeja fini’ per seccare: le radici marcirono e l’albero finalmente cadde. Però la gente non si osò mai di usare quello che rimase del tronco e dei suoi rami come legna da bruciare. Al contrario, i suoi avanzi rimasero li’ in terra finché marcirono.
Ancora oggi passando per Makambako si può vedere il luogo dove si trovava questo Mpembeja: al suo posto però ora sono crescite altre piante della stessa specie nate da quel primo albero. Sono più di una ventina e la cosa interessante e’ che nessuno le taglia, anche se grande e’ il bisogno di legna da ardere per le tante famiglie che vivono nelle casette che circondano lo spiazzo.

(Foto: P. Remo Villa. Le foto mostrano le piante come sono oggi)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Che bella la storia dell'origine del nome di Makambako!
Non ho difficoltà a comprendere perchè la gente del luogo ha imparato ad amare e rispettare quella pianta e quel luogo.
Grazie.
Marianna di Jambo Africa